il pollo Kung Pao ci ha mandato a fuoco pure la dignità
Quella volta a KUALA LUMPUR in cui ci siamo infilati in un vicolo di Chinatown con l’innocente intenzione di pranzare, e ne siamo usciti tra le fiamme dell’inferno, vi giuro, non era previsto!
Era una bella giornata e stavamo vagando per Petaling Street, tra una bancarella che vendeva portafogli di marca "Guccio", e un murales con la tigre chettelodicoaffare della Malesia ci è venuto quel languorino da "eh ma qualcosa la mettiamo sotto ai denti?"
Cosa facciamo? Ristorante tranquillo? Ma nooooooo.
Noi, che al Night Food Market di Zanzibar abbiamo assaggiato "quella cosa lì" che ancora oggi non ha nome, vuoi che non ci fiondiamo in uno street food in Malesia, patria UNESCO del cibo da strada?
Certo, potevamo sceglierne uno sulla via principale, quelli con il menù illustrato e i QR code... ma vuoi mettere il fascino delle viuzze secondarie? Quelle che promettono autenticità e a volte anche un pizzico di TETANO-cità?
Svoltiamo decisi a destra e TA-DAAA! Ci siamo!
Ci accoglie una baracca unta e bisunta, tavolini traballanti, popolazione al 100% locale, e uno chef in canotta fradicia che comanda quattro fuochi contemporaneamente come se fosse in finale a MasterChef: Edizione Apocalisse.
E in sala ( che poi la sala era la strada ) ? Una signora, che non parlava una parola di inglese, ma che con un solo sguardo ci ha fatti sedere con la forza e la determinazione di chi ha visto molte anime perdersi lì.
Arriva il MENU':
Un poema epico ! Probabilmente scritto in cinese e malese arcaico, con il beneficio di una sola immagine per pagina.
Attiviamo Google Traduttore. Lui guarda il menù, poi noi. E dice:
“Ragazzi, io qua passo. Siete soli. Buona fortuna.”
Quindi, COSA SI FA? Si ordinano le uniche due cose con foto. Ovviamente.
E che dire? Ci è andata di lusso!
Un piatto con non-so-cosa + melanzane + gamberi giganti e un altro con presunto maiale in agrodolce che, giuro, me lo sono sognata tutta la notte da quanto era buono.
Conto: 5 euro in due, stomaco perfetto, intestino tranquillo.
Promossa a nostra bancarella prefe.
GIORNO 2 – la rivincita dello Street Food
Il giorno dopo, gasatissimi, ci torniamo!
Solo che… il menù è sempre lui, ma le foto sono finite.
Io non rischio e vado sul sicuro: presunto maiale agrodolce, di nuovo.
Andrea invece, un po’ sborone e un po’ prudente, dice:
“Io cambio ! Ma scelgo con il paracadute!’ tra i vari simboli incomprensibili interpreta un ipotetico POLLO KUNG PAO :
” Vai! Prendo quello ! lo ordino sempre quando vado al Cinese a Cinisello.”
Errore.
Grave errore.
Perché il Cinese di Cinisello, con tutto il rispetto, probabilmente è più italiano di mia zia Pina, e quel Pollo Kung Pao lì era un insulto alla parola Kung Pao ( che nn ho la minima idea di cosa significhi)
Quello che gli arriva in tavola è un piatto interamente composto da peperoncino rosso piccante ( vedi foto) .
Era ufficialmente pollo Kung Pao, ma del pollo c'erano giusto le tracce. Come il ripieno al cioccolato nei saccottini della Mulino Bianco .
"Risultato: PIATTO IMMANGIABILE, Andrea in lacrime, e necessità urgente di un tratto digerente ignifugo, possibilmente accompagnato da una scorta di Preparazione H per i giorni a venire.
MORALE DELLA FAVOLA ?
Quando torni in Italia e ti dicono:
“Dai, andiamo in quel ristorante etnico che fa quella cosina identica a come la fanno in Cina / Malesia / Patagonia / Aldebaran...”
Ecco. NNNEEEEVVVVEROOOO!!!!!!!!!!
Nemmeno un terzo.
Nemmeno minimamente vicino.
Perché la verità è che la cucina vera la trovi nei vicoli un po' sudici, dove il menù è incomprensibile, il cuoco ha visto cose che noi umani non possiamo immaginare, e il peperoncino ti guarda negli occhi e ti dice:
"QUESTO E' IL MIO REGNO .... E NON FACCIO PRIGIONIERI!"
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